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Coronavirus, è morto «il medico eroe» che diede l’allarme prima dell’epidemia

06 Febbraio 2020 - 21:30 Redazione
Per i cinesi Li Wenliang è diventato un eroe: ha sfidato il potere dell’autorità locale per una nobile causa a favore della collettività

Dopo indiscrezioni giornalistiche e successive smentite, la sera del 6 febbraio, intorno alle 21.00 ora italiana, è arrivata la notizia della morte del medico cinese Li Wenliang. Lo scrivono i quotidiani Global Times e People’s Daily China. Wenliang aveva dato per primo l’allarme sulla diffusione del coronavirus, rimasto inascoltato dalle autorità cinesi.

Era ricoverato in condizioni critiche al Wuhan central hospital: nel pomeriggio, il quotidiano ufficiale cinese aveva dato e poi rettificato la notizia della morte, spiegando che Li versava «in condizioni critiche» e che il suo cuore aveva smesso di battere, ma era tenuto in vita dalle macchine per la ventilazione extra-corporea.

La storia del medico eroe

La prima segnalazione da parte dell’oftalmologo era partita lo scorso 30 dicembre, quando aveva scritto in una chat di gruppo con alcuni specializzandi e aveva parlato di una misteriosa malattia che aveva colpito sette pazienti: «Che sia di nuovo la Sars?», aveva commentato uno dei partecipanti alla chat. Allora si trattava solo di un’intuizione, perché il giovane dottore ignorava di trovarsi davanti a un nuovo coronavirus.

Dopo poche ore, alcuni agenti di polizia con ufficiali dell’autorità sanitaria di Wuhan hanno raggiunto il medico a casa sua, interrogandolo sui motivi della diffusione dell’informazione. Tre giorni dopo, il medico è stato obbligato a firmare un documento con cui dichiarava che il suo allarmismo costituiva un «comportamento illegale».

Il giorno dopo, la polizia ha annunciato l’avvio di un’indagine su otto persone che avrebbero diffuso notizie false sulla malattia. Era ancora il 31 dicembre 2019. In quello stesso giorno, la commissione Salute di Wuhan annunciava i primi 27 casi di polmonite, ma non era ancora chiara la causa dell’infezione.

Un mese dopo la denuncia, il medico ha riproposto la sua storia in un post, parlando questa volta da un letto di ospedale dove si trovava dopo essere stato contagiato. La sua foto con la maschera dell’ossigeno e il tesserino d’identità mostrato con fatica è diventata virale sui social in mandarino. I cinesi l’hanno riconosciuto come un eroe: ha sfidato il potere dell’autorità locale per una «nobile causa» a favore della collettività.

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